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Introduction

A cavallo tra Sei e Settecento l’Europa intera riscopre e consuma con sorprendente interesse la musica per violino. I modelli della sonata e del concerto subiscono un processo di consolidazione ad opera di Corelli e, più avanti, della sua scuola. L’ondata di popolarità non manca di investire la Francia, paese notoriamente refrattario ad apporti esterni. Eppure, il fascino dello stile corelliano riesce a convincere anche gli animi più ritrosi, probabilmente in virtù di due qualità: l’eleganza e l’accessibilità. Sia i virtuosi che gli amatori sapranno fare buon uso di questi due elementi, i primi approfittando della creazione di nuovi spazi pubblici destinati ai concerti (Concert spirituel, Concert des Mélophilètes, etc.), i secondi cimentandosi nei più angusti saloni delle proprie case; entrambi, infine, non disdegando di confondersi tra di loro.
Corelli, malgrado il fatto di non aver mai attraversato le Alpi, godette di un’immensa popolarità in Francia, ma non fu il solo italiano ad avere questo privilegio. Oltre all’incontrastato Vivaldi, possiamo annoverare almeno altri due compositori di musica strumentale che seppero conquistare il pubblico francese all’inizio del Settecento: Antonio Guido (seconda metà XVII secolo – dopo il 1733) e Michele Mascitti (1664 ca. - 1760). L’uno di origine genovese, l’altro abruzzese, entrambi condivisero anni di apprendistato e di attività musicale a Napoli. A Parigi dovettero arrivare quasi contemporaneamente: il primo libro di sonate di Mascitti è del 1704, e Guido viene citato nel Mercure galant del mese di ottobre del 1703 come eccellentemusicista italiano arrivato da poco - e subito ammesso nella cerchia del duca d’Orléans. Anche Mascitti gravita attorno alla stessa orbita: il primo libro di sonate è dedicato al duca, e nella prefazione il compositore fa cenno alla ben nota inclinazione filoitaliana del mecenate (1).
Tuttavia, i due autori presentano una sostanziale differenza: Guido, benché sempre citato nei documenti dell’epoca come eccellente violinista, non si dedica esclusivamente a generi strumentali (2). Mascitti invece sembra aver scelto la strada della musica strumentale, che dimostra di seguire con convinzione per oltre trent’anni, facendo della sonata il suo emblema. Forse fu incoraggiato in questo intento dall’immediato successo di pubblico delle sue opere: come Corelli e, più tardi, Vivaldi, le sonate di Mascitti furono pubblicate in diverse edizioni a Parigi, Amsterdam e Londra (3).

Il presente catalogo descrive le edizioni francesi dei nove libri di sonate di Mascitti, pubblicati tra 1704 e 1738. Benché la maggior parte delle composizioni sia a violino solo e basso, si trovano anche sonate in trio (MiM.009 – MiM 012, MiM.048 – MiM 053) e, secondo la definizione che ne ha dato lo stesso autore, ‘Quattro concerti a sei’ (MiM.089 – MiM.092). Mascitti precisa anche che, in mancanza di un organico esteso, queste opere potranno comunque essere eseguite a violino solo e basso. La sonata op. VI, n° 15 (MiM 080) è a tre parti, ma al posto dei due violini, tipici dell’organico della sonata in trio, presenta una parte di violino e una parte che puo’ essere eseguita a scelta sul violoncello o la viola da gamba. Per quanto riguarda le scelte formali, le sonate presentano in genere quattro tempi che si succedono in un’alternanza di movimenti lenti e rapidi, spesso in forma di danza (Allemanda, Giga, Sarabanda, Corrente, etc.). Mascitti realizza nell’insieme delle sue composizioni una personale sintesi tra elementi dello stile italiano, palesemente debitore di Corelli, e quello francese, forte degli apporti di una scuola strumentale di recente formazione (Rebel, Leclair, Couperin, etc.). Tra i casi degni d’interesse, la sonata op. 5 N. 12, detta Psyché (MiM.065) ha la forma di un divertissement in dieci sezioni, ognuna delle quali introdotta da una didascalia che fa riferimento alle vicende di Amore e Psiche. Il Concerto a sei parti op. VII N. 12 (MiM.092) si compone di due soli movimenti: ad un Vivace in forma di danza (AABB) segue una Passacaglia variata, che puo’ essere considerata a giusto titolo come un simbolo di questo sincretismo.
Notes :

  1. Sul mecenatismo del duca d’Orléans e l’interesse per l’estetica italiana, cfr. Donald Fader, Musical thought and royal patronage of the italian style at the court of Philippe II, Duc d’Orléans (1674-1723), PhD dissertation, Stanford University, 2000.
  2. Cfr. a questo proposito Barbara Nestola, Giovanni Antonio Guido e il ‘petit motet’ all’inizio del Settecento: dal ‘dessus’ al violino solo, in ‘Florilegium musicae. Studi in onore di Carolyn Gianturco’, a cura di Patrizia Radicchi e Michael Burden, Pisa, ETS, 2004, p.737-755.
  3. Cfr. RISM A.I/ M 1212-1251 et MM 1212-1239.
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